Osservatore

Giorno 966530

Ngumba

SERIE DI RACCONTI DELL'OSSERVATORE

Camminavo lungo il viale che porta al mare. In verità barcollavo.

Questi corpi non hanno molta autonomia. In assenza prolungata di cibo, la sola alimentazione liquida non permette la sopravvivenza.

Dovevo rimediare.

Il viale sembrava sempre più lungo ed il mare sempre più lontano.

Improvvisamente il suolo divenne vicino, molto vicino.

Tenevo gli occhi aperti e mi osservavo attorno. Era faticoso anche solamente tenere le palpebre alzate.

Forse anche questa osservazione stava per giungere al suo epilogo.

Mi dispiaceva lasciare il lavoro così presto, la ritengo quasi una sconfitta.

Improvvisamente mi sentii tirar su.

Qualcuno mi stava parlando ma non riuscivo a comprendere ciò che diceva.

Un sorso di acqua.

Un piccolo sorso di energia.

Aprii gli occhi.

Una scura figura mi stava sostenendo e mi osservava.

Era robusto e mi resi conto che mi stava issando per portarmi sopra le sue spalle.

Il viale riprese a muoversi, ondeggiava.

Svenni.

Mi svegliai ed era giorno.

Il mio salvatore mi osservava, mi parlava, ma sentivo solo frammenti di quello che mi diceva.

-- ... devi mangiare ...

Mi resi conto che mi stava imboccando.

Sentii un po' di brodo che mi scivolava in gola.

Sentivo che quest'anima si stava dissolvendo.

Compresi che questa osservazione era arrivata a termine.

Osservai la figura che tentava di aiutare.

Mi accarezzò.

Un contatto cosciente.

Era un'anima dolce e premurosa. Proveniva da un paese lontano, molto caldo, molto difficile, molto povero, troppo crudele.

Leggevo in lui la disperazione.

Aveva più bisogno lui di un aiuto di quanto ne avesse bisogno questa corpo.

Solo, abbandonato, rifiutato, maltrattato.

Forse questa osservazione riservava una rara perla di consapevolezza.

Un'altra inutile sorsata di brodo scorreva nella mia gola.

Quel colosso nero come il carbone non sapeva quanto fossero inutili le sorsate di brodo. Eppure non demordeva.

Apprezzai, profondamente, tanto impegno, tanto accanimento.

Non posso interferire, mi ricordavo.

Eppure mi chiedevo a quale scopo osservare, assimilare conoscenza, se poi a nulla serve.

Un'altra inutile sorsata.

Una carezza, una roca parola nasale:

-- Forza amico.

Amico.

Ecco, compresi.

Nella sua cultura la parola ha profondi significati, non è limitata ad una semplice conoscenza.

Nel povero villaggio da cui proviene avere un amico è come avere un fratello che non ha il tuo sangue ma con te condivide vita, pericoli, difficoltà, misericordia.

Un altro sorso.

Non potevo interferire.

Come potevo non interferire ?

Sapevo di cosa avevano bisogno questi due esseri.

Concentrai un piccolo nucleo di energia, creai una piccola sfera brillante e la rilasciai nel corpo in cui viaggiavo.

Sentii uno scossone, un urlo.

Un accecante lampo di luce avvolse la  misera capanna.

Dall'alto osservai.

Il mio esile corpo si stava alzando a sedere.

Ngumba ad occhi sgranati lo abbraccia.

Avevano solamente bisogno di un amico, entrambi.

SERIE DI RACCONTI DELL'OSSERVATORE

Scritto a sei mani da Gatto NineNineNine, Fratellino e Dad (soprannominato Inzbin)

a fine Giugno 2013

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